Il presepe di Santa Caterina
a cura di MUDIF Museo Diffuso del Finale
Nel 1864 il complesso conventuale domenicano di Santa Caterina a Finalborgo fu destinato a casa di detenzione, funzione mantenuta per un secolo, fino al 1965.
In questo lungo periodo migliaia di detenuti scontarono la loro pena tra le mura dell’antico convento. Tra questi, anche figure importanti come Don Albertario, prete e giornalista, direttore dell’Osservatore Cattolico. La sua visione aperta e moderna verso le nuove istanze sociali fu la causa della sua detenzione nel carcere di Finalborgo, in quanto si riteneva avesse fomentato i moti rivoluzionari del 1898, repressi dal Generale Bava Beccaris.
A partire poi dagli anni ’50 il penitenziario si trasformò in una “casa di lavoro”, dove i carcerati avevano possibilità di uscire e recarsi fuori dalle mura del complesso per lavorare.
In particolare, nell’edificio oggi chiamato “Oratorio dei disciplinanti” erano attive una falegnameria e una tipografia che impiegavano la manodopera dei detenuti. Tra questi, molti artigiani che avevano la possibilità di mettere la loro opera al servizio della comunità in un programma di rieducazione.
Di questo periodo ci rimangono oggi alcune semplici casette in legno realizzate dai detenuti e destinate al presepio che ogni anno, durante il periodo natalizio, veniva allestito nel penitenziario.
Purtroppo, molte delle figurine in terracotta dei pastori del presepio sono state disperse dopo la chiusura della prigione e sarebbe importante poterle oggi recuperare in quanto ulteriori testimonianze della vita carceraria.
A seguito del restauro degli anni ’90, l’unica testimonianza architettonica che ci rimane di questo interessante periodo sono le tredici celle di rigore del penitenziario, rimaste allo stato originario sui cinque livelli del campanile medievale, visitabili contattando il MAF, Museo Archeolgico del Finale: info@museoarcheofinale.it